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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

La cartina in blu

La cartina in blu

LA CARTINA IN BLU

In mezzo ai chilometrici commenti sulle elezioni del 4 marzo scorso avrei preferito soprassedere, finché non ho visto la cartina con le assegnazioni dei senatori per circoscrizioni all’uninominale (capisco che la Camera lascia spazio a qualche modesta variabile, ma quella del Senato l’ho trovata più esemplificativa). Una carta che può essere compresa anche dal più modesto e mediocre gerarchetto di partito tanta è la sua chiarezza e che fa vedere in modo evidente come queste elezioni abbiano sconvolto, vedremo se per sempre, la geografia elettorale di un paese, molto più, per certi effetti, delle elezioni del 1948, sempre citate dagli storici, o quelle più vicine del 1994, l’anno della discesa in campo e della prima vittoria di Berlusconi.

Se osserviamo la Toscana vediamo come la regione ne esca stravolta: dove eravamo abituati a vedere il rosso della sinistra o il rosa di un centrosinistra, almeno fino al 2013, ora si stende un bel blu destra a trazione leghista.

Dico abituati perché certe tendenze al voto, che significavano anche un certo sistema di valori non estemporanei risalivano addirittura (fatto salvo il periodo fascista, ovviamente) a oltre cento anni fa, con la sinistra vittoriosa in tutte le sue variabili.

Ho sentito in questi giorni parlare di combinazioni di governi possibili di fronte ad una legge elettorale assurda, cosa buona e giusta; non ho sentito nessuno o pochissimi soffermarsi su un risultato come questo, capirne il perché, non un minimo atto di autocritica e di analisi, aldilà di manovrine da sottobosco politico. Tutto bene, insomma.

È vero che i comportamenti elettorali non sono eterni, ma capire cosa sia successo per giustificare tale “cataclisma“ nel giro di pochi anni sarebbe la prima cosa da fare prima di programmare le prospettive del futuro. Senza comprendere questo è impensabile anche ipotizzare le varie combinazioni di governo e di opposizione, partirebbero senza contenuti.

Il “Financial Time”, giornale non certo di sinistra, ha scritto in proposito che quando i gruppi dirigenti si bendano gli occhi di fronte alla realtà per vincere basta gridare che le cose non vanno. Se, infatti, prima c’era l’idea, negli elettori di sinistra, di poter partecipare ai processi partecipativi e decisionali, cosa vera o illusoria che fosse, adesso questa idea è tramontata.

Gruppi dirigenti soprattutto di sinistra o di pseudo sinistra che non si sono accorti o hanno fatto finta di non accorgersi che siamo un paese vecchio che sta morendo di lavoro nero e di job act, con buchi generazionali che inghiottono anche giovani trentenni, con sperequazioni e disuguaglianze che mordono la carne degli italiani, soprattutto al Sud, nella sempre attuale “questione meridionale”, nel silenzio assordante sulle mafie, di fronte ad una narrazione che getta tutte le nostre colpe sul “nero”, sul diverso. Un paese impoverito e vendicativo che qualcuno dovrà prima o poi risollevare, se non sarà troppo tardi.

In una trasmissione tv a chi chiedeva perché la sinistra non abbia più successo fra gli operai di Pomigliano d’Arco, sul perché non si sia fatta più vedere davanti alla fabbrica, sia pure metaforicamente, un operaio ha risposto “perché non sa trovare più la strada”.

Una strada che in Toscana si è colorata di blu.

cartina in blu

DESTRA/SINISTRA.

Un’ultima riflessione a margine. È diventato stucchevole definirsi né di destra né di sinistra e nemmeno di un ondeggiante centro. Che significa? Nulla in realtà perché una dichiarazione furbetta come questa punta solitamente a raccogliere consensi incerti, ma soprattutto, peccato maggiore, ci dà una dimensione del mondo ingessata in cui la sinistra è sempre uguale in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo, così come la destra, senza contare variabili, cambiamenti e così via. Come se una persona dicesse nel 2018 di essere di sinistra come si poteva essere nel 1918, un assurdo. Il mondo cambia e pone nuove sfide ala destra e alla sinistra. Insomma quando si compie un’azione politica sempre chiedersi “a chi giova?”. A meno che non succeda come solitamente è sempre accaduto, cioè che ci dice di non essere né di destra né di sinistra, non sia in realtà di destra. Una storia che si ripete sempre.

Tiziano Arrigoni

Tiziano Arrigoni

Massetano - follonichese - piombinese - solvayno, insomma della Toscana costiera, con qualche incursione fiorentina, Tiziano Arrigoni è un personaggio dalle varie attività: scrittore di storia e di storie, pendolare di trenitalia, ideatore di musei, uomo di montagna sudtirolese ed esperto di Corsica, amante di politica - politica e non dei surrogati, maremmano d'origine e solvayno d'adozione, ecc. ecc... ma soprattutto uno che, come dice lui, fa uno dei mestieri più belli del mondo, l'insegnante (al Liceo Scientifico "E.Mattei" di Solvay) e, parlando e insegnando cose nuove, trova ispirazione e anche "incazzature", ma più la prima, dai suoi ragazzi di ieri e di oggi.

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