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Steve MacCurry: il fotografo della ragazza afghana

Steve MacCurry: il fotografo della ragazza afghana

La settimana scorsa è stato il mio compleanno e mio padre, conoscendo la mia passione per la fotografia, mi ha regalato un bellissimo libro fotografico sulle immagini e la storia di Steve MacCurry: da qui è nata l’idea dell’articolo su questo grande artista.

Ma chi è Steve MacCurry oltre ad essere il fotografo della “ragazza dagli occhi verdi”?

MacCurry nasce in un piccolo sobborgo nei pressi di Philadelphia, Pennsylvania, nel 1950. Figlio di un ingegnere elettronico perde la madre quando è ancora bambino e quest’esperienza drammatica lo porterà ben presto verso la ricerca di una autonomia precoce nonché ad attivare una forma di empatia verso le persone e le cose del mondo che connoterà tutta la sua ricerca fotografica. La passione per il viaggio si delinea ben presto e MacCurry pur mantenendo la base a New York, trascorre tra gli otto nove mesi dell’anno in giro per il mondo, attraversa tre continenti, dallo Sri Lanka al Nepal, passando per la Cina, le Filippine e l’Australia.

Bellissima la foto ”I pescatori dello Sri Lanka”.

Steve MacCurry ha scattato questa fotografia dopo giorni e giorni di ricerca, bellissimi i colori, i pescatori sembrano degli acrobati che danzano su dei pali nel mare blu, la linea dell’oceano si perde nel cielo, le onde del mare suonano il ritmo di questa che sembra essere una danza antica!

Un confronto azzardato, molto azzardato

Mentre ammiravo questa foto di MacCurry mi è “balenata” nella mente l’immagine dell’estate scorsa di quando, a Rimini, rimasi colpita ed affascinata da un gruppo di persone che con un bastoncino in mano sembravano stessero cercando qualcosa.

 

 

Mi avvicinai e scoprii esterrefatta che stavano pescando i cannolicchi. Che cosa accomuna queste due foto? Ben poco, pochissimo, direi io! La mia è una foto estemporanea, come lo sono del resto tutte le mie foto: non c’è studio, non ci sono tentativi, non c’è arte né parte, è solo l’attimo che mi chiama, che mi “stuzzica” a scattare la foto, per farmi cogliere quell’istante che in quel dato momento mi cattura e che so amerò rivedere in seguito.

Qualcosa che in realtà accomuna le due foto c’è: la pesca, il mare, il cielo, lo stesso momento dell’alba, ma mentre i personaggi di MacCurry sembrano giovani ed agili come dei trapezisti la Signora che ho fotografato io è statica, ferma sulle gambe non più giovani, i capelli ed il vestito sono rossi, come sembra essere rossa la boa in lontananza: che il rosso attiri i cannolicchi e la Signora si sia “agghindata” così proprio per l’occorrenza? Purtroppo non lo sapremo mai!

La ragazza Afghana

È nel 1979 che il viaggio di MacCurry subisce una svolta improvvisa: a Chitral, sulla linea di confine che divide il Pakistan dall’Afghanistan, incontra dei rifugiati afghani in fuga dal proprio Paese.

 

Il nome di questa ragazza, oramai donna, è Sharbat Gula, ma dal giugno del 1985, ovvero da quando è apparsa sulla copertina del National Geografic, è diventata semplicemente la “Ragazza Afghana”. Era poco più di una bambina dodicenne quando MacCurry ha scattato questa foto, bellissima, di una bellezza unica, non credo di aver mai visto una foto tanto bella, si resta catturati da questi occhi magnetici e non si riesce a distogliere lo sguardo.

La giovane sembra abbia paura davanti all’obbiettivo, di una bellezza selvatica, negli occhi il dolore della guerra, occhi bellissimi di quel verde tendente all’azzurro, con delle sfumature chiare vicino all’iride. In uno scatto MacCurry è riuscito a cogliere tutto il terrore di un popolo in fuga.

MacCurry, fotografo geniale, uomo molto sensibile ed attento, usa la fotografia per sollevare temi di attualità, spesso dolorosi affinché il mondo non si dimentichi di queste realtà spesso abbandonate.

La bambina pisana

Nonostante sia diventata peggio dei cinesi come dico spesso per la mia “mania” di fotografare tutto ciò che mi colpisce ad ogni ora del giorno e della notte difficilmente mi ritrovo a fotografare delle persone. L’unica che riesce talvolta a sopportare i miei “scatti” non d’ira ma fotografici è mia figlia.

In questa foto si vede chiaramente quanto desiderasse essere fotografata.

Quella volta poi mi sono fermata, non ho insistito.

In questa foto non parlano gli occhi che sono coperti dalla mano, è la mano che parla, che vuole “stoppare” un gesto non gradito, in questo caso la foto diventa una sorta di atto di violenza. Forse è per questo che non amo fotografare le persone, perché si deve chiedere il permesso e le foto non sono mai spontanee, mentre se si fotografa il mare, un bel tramonto, un bellissimo paesaggio si fotografa e basta e non ci poniamo minimamente il problema se ciò che stiamo fotografando è contento o meno di essere ripreso.

La foto che sto per mostrarvi, anche se è sfocata, mi piace molto ed anche questa volta, come nella foto della ragazza afghana, sono gli occhi a parlare.

Il carattere in uno scatto: in questa foto si coglie tutta la dolcezza di questa bambina, lo sguardo mite, il sorriso accennato, la timidezza negli occhi di chi è sempre bambina e sta per diventare donna ma spera che quel momento arrivi il più tardi possibile. I capelli corti, sbarazzini, di una bambina che ama la comodità e non le mode, che nell’armadio afferra la prima cosa che le capita senza pensare agli abbinamenti.

Conclusioni di una fotografa dilettante, molto dilettante

La fotografia è un’arte meravigliosa che ci permette d’imprimere, di cogliere e fermare degli istanti della nostra vita e non importa se ci chiamiamo MaCcurry o Giustiniani, alla fine il risultato sarà sempre lo stesso: stampare nei nostri occhi e nella nostra anima un’immagine che ci ha stupito, triste o gioiosa che sia non ha importanza, perché resterà sempre dentro di noi come un momento che rivedremo con immenso interesse.

Concludo dicendo che non si diventa fotografi improvvisando, la fotografia è una professione che nasce da un talento ma occorre anche molto studio, molta applicazione ed i successi arrivano spesso dopo moltissimi tentativi falliti ed allora dico a Steve MacCurry grazie, grazie ed ancora grazie per le emozioni che ci trasmetti con le tue foto che sono il frutto di moltissime ore di lavoro, di viaggi e di ricerca!

“La guerra negli occhi”

Occhi verdi,

occhi impauriti,

occhi smarriti,

occhi di una bellezza disarmante,

occhi trasparenti,

occhi profondi,

occhi bellissimi,

occhi parlanti che gridano aiuto,

occhi,

occhi di una bambina già donna,

occhi di chi sa di essere in trappola,

occhi di chi sa che non potrà mai fuggire dal terrore,

occhi con la guerra dentro,

occhi…

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