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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Livorno è in Campania

Livorno è in Campania

LIVORNO È IN CAMPANIA

Lo giuro! È tutto vero! Recentemente, dicendo che venivo dalla provincia di Livorno, una gentile e ignorante persona mi ha risposto “Ah, in Campania!” e, vedendo la mia faccia meravigliata, ha corretto “no, forse mi sbaglio”, dimostrando di non avere la minima idea di dove si trovasse Livorno, che non è proprio l’ignoto villaggio di Roccacannuccia di Sopra. Allora mi sono chiesto: quanto gli italiani conoscono del loro paese? Quanti riescono a viaggiare, che non significa soltanto muoversi in uno spazio, cosa che fanno anche le mandrie di gnu.

L’obiezione che mi verrà fatta è: la crisi impedisce di viaggiare. Verissimo, ma non viaggia in Italia neanche quello che si può permettere il viaggio alle (bellissime) Maldive, che fa tanto chic, oppure quello che, come si dice in Toscana, ha “fatto lo stradello” a Sharm, ma non conosce nulla di nulla della città vicina.

È ormai notoria la figura dell’italiano medio con la valigia che, all’estero, si lamenta del caffè che non è caffè, o che soffre per non mangiare gli spaghetti e che paga a peso d’oro ignobili piattoni di pasta collosa in pseudo ristoranti italiani gestiti da coreani.

Ma in questo caso si tratta di qualcosa di più profondo che va oltre il solito stereotipo dell’italiano. Sicuramente è colpa anche dell’ignoranza geografica degli italiani dovuta in parte alla progressiva marginalizzazione della geografia nei programmi scolastici, sostituita da “storia e geografia”, che poi si tratterebbe di storia, soprattutto antica, con appiccicate sopra un paio di cartine storiche del Mediterraneo. E così si è persa ogni dimensione spaziale.

livornoIn tutto questo c’è, tuttavia, qualcosa di più radicale. Spesso ci si muove dalla propria casa verso un non-luogo, ossia la meta diventa un qualsiasi centro commerciale, un luogo neutro, scintillante, in cui il tempo e lo spazio si annullano e potremmo essere in qualsiasi parte del mondo. E il grande ventre materno dell’ipermercato diventa un luogo protettivo, che ci dà sicurezza come il panino di un McDonald’s in cui siamo sicuri di trovare lo stesso hamburger e la stessa salsina agrodolce in ogni parte del mondo. E così sfuggiamo l’imprevisto che si riduce alla foglia di insalata nel suddetto panino.

Così la fitta rete di identità, luoghi, percorsi della penisola è diventata sconosciuta, l’italiano medio non so più leggerne l’alfabeto dello spazio e del tempo che diventa conoscenza di pochi; e non riconoscere più questo alfabeto significa non riconoscere più il proprio paese, non saperne più leggere i rapporti democratici, la base della democrazia partecipativa. La stessa Costituzione dice che il nostro patrimonio è patrimonio della nazione, un qualcosa che viene prima dello Stato, che fa parte del nostro DNA. Forse lo Stato dovrebbe finanziare i viaggi per i giovani e i meno giovani nel nostro paese, che costerebbero meno di certe inutili mostre-evento, tipo Caravaggio a Brescia, o inutili ricerche per creare miti, come il tentativo di ritrovare le ossa della Gioconda a Firenze.   Basta girare per le nostre città e vedere come il “monumento” italiano non sia qualcosa di isolato, ma si regga su un rapporto profondo fra natura, urbanistica e molta umanità vivente. Un paio di settimane fa ho partecipato ad un percorso per le vie di Pisa con visite libere a giardini abitualmente chiusi, piccoli angoli verdi in mezzo al fitto reticolo di case. Ecco che la città assume un’altra prospettiva, ci narra altre storie. In via Giordano Bruno sono entrato in un piccolo giardino nascosto, il giardino di Filippo (Philip) Mazzei, toscano, uno dei padri degli Stati Uniti. Un piccolo giardino qualunque con il pergolato di rose, eppure… eppure quanta storia quel giardino che ci parlava del presidente degli USA Thomas Jefferson (sì, quello del diritto alla felicità), di Lafayette, di vigne e vigneti in Virginia, del granduca di Toscana, dello zar e della sua corte a San Pietroburgo, di Franklin e delle sue invenzioni, di Parigi della rivoluzione. Sono passato da un’anonima porta in via Giordano Bruno, Pisa, e sono entrato direttamente nella storia mondiale. Questa è l’Italia e dobbiamo ritrovarne le coordinate se vogliamo ritornare padroni del nostro futuro… Ah, dimenticavo: ho risposto al gentile signore che Livorno si trova in Toscana fra Pisa e Rosignano Solvay (ogni tanto un po’ di campanilismo ci vuole) dove si trovano le “spiagge bianche”.

Tiziano Arrigoni

Tiziano Arrigoni

Massetano - follonichese - piombinese - solvayno, insomma della Toscana costiera, con qualche incursione fiorentina, Tiziano Arrigoni è un personaggio dalle varie attività: scrittore di storia e di storie, pendolare di trenitalia, ideatore di musei, uomo di montagna sudtirolese ed esperto di Corsica, amante di politica - politica e non dei surrogati, maremmano d'origine e solvayno d'adozione, ecc. ecc... ma soprattutto uno che, come dice lui, fa uno dei mestieri più belli del mondo, l'insegnante (al Liceo Scientifico "E.Mattei" di Solvay) e, parlando e insegnando cose nuove, trova ispirazione e anche "incazzature", ma più la prima, dai suoi ragazzi di ieri e di oggi.

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