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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Gone with the wind

Gone with the wind

Gone with the wind

Ed eccoci reduci dall’emozionante cerimonia degli Oscar 2019. “Popcorn” è un blog che si interessa prevalentemente di cinema, quindi avrete pensato ad un articolo questa settimana sul trionfo di “Green Book” come miglior film sul favorito “Roma” (comunque, miglior film straniero); o su Bohemian Rhapsody e gli innamoratissimi Rami Malek e Lucy Boynton conosciutisi sul set; oppure ancora su A star is born e la toccante interpretazione di Shallow, con lo strano triangolo che sta facendo discutere, tra Lady Gaga, Bradley Cooper e Irina Shayk.

Non disperate, arriverà anche il loro momento.

Ma per questa settimana, ho scelto (a sorpresa) di commentare un film che di candidature agli Oscar ne ha vantate quindici, e ha vinto ben dieci statuette. Vale tutte quelle, ed ogni granello di fama che si è conquistato negli anni, fino ai giorni nostri. Sto parlando di “Gone with the wind”, il celeberrimo “Via col vento”. Eh, si. Un classicone tra i miei preferiti oggi ci stava proprio.

La trama

Tara, Georgia, nel Sud degli Stati Uniti, 1861. Rossella O’Hara, figlia di una ricco proprietario terriero, è bellissima e viziatissima, da sempre abituata ad essere al centro dell’attenzione. Persino il volubile Ashley Wilkes, di cui Rossella è da tempo innamorata, non sembra del tutto immune suo al fascino. Tuttavia, quest’ultimo la respinge, annunciando durante un ricevimento alla tenuta “Le Dodici Querce” il suo imminente matrimonio con la cugina Melania Hamilton.

Nel frattempo, mentre sulla nazione incombe la Guerra di Secessione, Rossella, proprio a quel ricevimento, conosce l’affascinante Rhett Butler, che non nasconde la sua ferma opposizione ad uno scontro del Sud con gli Stati nordisti, consapevole della loro superiorità militare. L’uomo rimane immediatamente folgorato dall’avvenenza della giovane, e dal suo forte temperamento.

Scoppia la guerra ed Ashley parte per il fronte, non prima di aver sposato Melania, mentre Rossella, in un impeto di rabbia, accetta la proposta di matrimonio di Carlo, fratello di Melania. Dopo la morte di quest’ultimo in guerra, rimasta prestissimo vedova, Rossella si trasferisce ad Atlanta insieme alla Hamilton, continuando a trascorrere la sua vita tra balli e divertimenti, in attesa del ritorno di Ashley. Il matrimonio dell’uomo, infatti, non ha certo placato l’amore della ragazza.

Quando Atlanta viene assediata, Rossella chiede aiuto a Rhett per tornare a casa con Melania e suo figlio, che ha aiutato a far nascere. A Tara, però, le cose sono molto cambiate: impoverita dalle scorribande dei Nordisti, è arida, brulla, si stenta a ricordare i tempi felici a “Le Dodici Querce” anteguerra. La madre di Rossella è morta di tifo, e il padre è impazzito (morirà anch’egli di lì a poco per una rovinosa caduta dal cavallo). Rossella, che mai si è persa d’animo, assume il ruolo di capofamiglia e promette di fare qualsiasi cosa per sopravvivere.

Il Sud si arrende, la guerra finisce, e date le tasse altissime imposte dai vincitori (che non può pagare), Rossella prova a tornare da Rhett per un prestito, ma questi, intuisce furbamente le sue vere intenzioni e si prende gioco di lei. Al ritorno da quel colloquio, incontra per caso il fidanzato della sorella Franco Kennedy e decide di sposarlo, solo per la sua buona posizione economica. Aprono insieme una segheria, che dà lavoro anche ad Ashley, permettendo a Rossella di vederlo tutti i giorni.

Rimasta vedova per la seconda volta (Franco cade in uno scontro a fuoco per un regolamento di conti), Rossella finalmente sposa Rhett, diventato ricchissimo, pur essendo ancora invaghita del primo amore. Il sentimento sincero di Rhett viene messo a dura prova dai suoi capricci e dall’indifferenza, finché non nasce la loro figlia Diletta, su cui l’uomo riversa tutte le attenzioni e l’affetto che non riesce a dare alla moglie. La bambina però muore, e purtroppo quello è l’inizio della fine.

Anche Melania si ammala e muore, non prima di aver ricordato a Rossella quanto Rhett sia profondamente innamorato di lei: alla sua morte, finalmente, la protagonista (invece di lanciarsi tra le braccia dell’ormai vedovo Ashley), capisce di aver amato veramente solo Rhett, e di essersi aggrappata ad un’illusione per tutta la vita. Corre da lui per confessarglielo, sperando nel suo perdono, ma è troppo tardi: l’uomo la lascia, con la mitica battuta “Francamente me ne infischio”.

Numeri impressionanti

È il film che detiene il primato di più visto di sempre nella storia del cinema: si calcolano più di duecento milioni di spettatori solo negli Stati Uniti. Quattro milioni e mezzo di dollari di investimento nel 1939, una vera fortuna. Gli incassi, a livello mondiale, ammontano a più di quattrocento milioni di dollari. Impossibile non definirlo un kolossal, un’opera di enorme spettacolarità visiva.

Tratto dall’omonimo best-seller del 1936 della giornalista Margareth Mitchell (che in soli sei mesi arriva a quasi un milione di copie vendute, vince il premio Pulitzer del 1937 e viene candidata al Nobel l’anno seguente), oggi può vantare quasi trenta milioni di copie distribuite in tutto il mondo, ed una traduzione in trenta lingue.

Prodotto da David Selznick che ne è stato autore e padrone, cambiando ben tre registi: George Cukor, che filma (ancor prima della scelta della protagonista) la fenomenale sequenza dell’incendio di Atlanta, Sam Wood e Victor Fleming. La prima proiezione avviene proprio nella cornice di Atlanta, il 15 dicembre del 1939. L’evento ottiene una risonanza mediatica immensa: la piccola città della prima è invasa da un milione e mezzo di persone, tanto che i tre giorni precedenti sono dichiarati festivi, per celebrare l’uscita del film. I cavalli impiegati per tutta la proiezione sono più di mille, le comparse circa duemila, i costumi delle donne quasi tremila (quelli del solo Gable una cinquantina). Al cinema Ritz di Londra, il film resta in cartellone per ben quattro anni.

Un assoluto capolavoro

Il più illustre melodramma di sempre, dove il romanticismo di fondo si mescola a un grandioso affresco (non poco fazioso) di storia americana, con costumi e musiche da incorniciare: in particolare, ho amato il Tara’s Theme (anche se in Italia è vergognosamente utilizzato come sigla di Porta a Porta). Alcune scene evidenziano chiaramente qualità tecniche innovative per l’epoca, dalla fotografia, alla scenografia, al montaggio. Il Technicolor non era mai stato così smagliante prima, perfino la locandina con i protagonisti abbracciati sullo sfondo di un tramonto di fuoco resta indimenticabile. Un film razzista (soprattutto per gli stereotipi sui neri), sessista, nostalgico, ma anche maestoso, un monumento ad Hollywood nel raccontare la storia d’amore più famosa del cinema.

Una appena venticinquenne Vivien Leigh viene preferita ad attrici molto più rinomate all’epoca: quasi in millequattrocento sono costrette a sostenere il provino, non senza polemiche. La scelta, però, ricade su questa semi-sconosciuta inglese nata in India, caparbia e volitiva come il personaggio che è chiamata a interpretare, e che le frutta il suo primo Oscar. Pensate che Vivien è ancora sposata al primo marito (dal quale ha anche una figlia), mentre intrattiene una relazione clandestina con un collega, a sua volta sposato. La Rossella della Leigh è capricciosa, bisbetica, vanitosa. Un mix perfetto tra innocenza giovanile e egoismo sfrontato, il tutto racchiuso in quegli occhi verdissimi.

Più semplice la ricerca di Rhett. Selznick si concentra solo su due nomi: Clark Gable e Gary Cooper. Ma, quando quest’ultimo dichiara: “Via col vento sta per diventare il più grande flop della storia del cinema, e sarà Clark Gable a perderci la faccia e non Gary Cooper”, la decisione è ovviamente a favore di Gable, che tentenna anche, prima di accettare una parte che sembra fatta su misura per lui. Sguardo magnetico e baffi impertinenti per un giramondo attraente e carismatico, icona anticonvenzionale, come Rossella, anche nell’approcciarsi ai sentimenti. Notevole, la prima dichiarazione d’amore alla giovane O’Hara:

Ma di una cosa sono certo: che vi amo, Rossella. A dispetto vostro e mio, e a dispetto dello stupido mondo che ci crolla intorno, vi amo. Perché siamo uguali, gentaglia tutti e due, egoisti e scaltri, ma capaci di guardare le cose in faccia e chiamarle con il loro nome.

Non si capisce, infatti, come nei 238 minuti di film la ribelle Rossella si perda praticamente sempre dietro ad un attempato, triste, monotono Ashley (Leslie Howard, che solo mia nonna trovava caruccio in quei panni) che a sua volta sposa la ancora più noiosa Melania (Olivia de Havilland, indicata anche fisicamente per la parte, buona interpretazione), invece che abbandonarsi nelle possenti braccia di Rhett, accorgendosi che è perfetto per lei, ahimè, troppo tardi. Ma d’altronde, si sa: “chi s’assomiglia, si piglia”, e “amiamo sempre chi ci snobba”. Una prova stupefacente è invece quella di Hattie McDaniel nel ruolo della governante nera degli O’Hara, prima afroamericana a vincere un Oscar, come miglior attrice non protagonista. Quel suo “Zì, miss Rossella” mi rimbomba nella testa ancora dopo tanti anni.

Via col vento” cavalca la scia del woman’s film: per anni le spettatrici non potevano che riconoscersi in soggetti passivi, quasi esclusivamente meri oggetti del desiderio maschile. Adesso, invece, sono loro a condurre il gioco. Rossella non ha mai veramente bisogno di essere salvata: è una donna caparbia che esce dalla miseria e dalla disperazione della guerra solo con la grandezza del suo spirito. Uno spirito cui fa eco quello infuocato di Rhett: un playboy dalla dubbia moralità che perde la testa per questa ragazza cocciuta sin dal primo istante. L’amore lo obbliga a scoprire un nuovo lato di se stesso, più fragile di quanto potesse mai immaginare. Ed entrambi, attraverso i sentimenti, intraprendono un viaggio per la definizione della loro individualità, finendo per scoprire angoli sconosciuti della propria anima.

Rossella è un personaggio da sempre molto discusso, non si sa fino in fondo cosa pensare di lei. Forse, come dice Rhett, “è una donna con abbastanza coraggio da non avere bisogno della reputazione”, o forse è soltanto un’ingenua sognatrice, quando crede di amare per tutta la vita un uomo che non solo non la ricambia, ma addirittura la illude. In ogni caso, questa figura così spregiudicata ed ostinata, divide le opinioni. E divide anche tutti noi, in due tipi di persone: chi è come Rossella, e chi non lo è.

Simona Van de Kamp

Simona Van de Kamp

Creatura mitologica, per metà prova a fare l'avvocato, per metà prova a fare la scrittrice. Diretta e pungente, la odierete tutta, al 100%. Il blog e la radio sono due sogni che si avverano. Ha messo la testa a posto, ma non ricorda dove.

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