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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Dove vai? Son cipolle.

Dove vai? Son cipolle.

DOVE VAI? SON CIPOLLE.

Mia nonna, quando voleva parlare di una persona che intendeva fischi per fiaschi, mi recitava sempre questa scenetta: “Dove vai?”. “Son cipolle…”. “Quanto le fai?”. “Vado a Colle”. E sullo sfondo del contado senese (perché Colle è Colle Val d’Elsa) si immaginava questa figurina di contadino, sordo o rintronato che fosse, col suo cesto di cipolle da vendere al mercato. Una figurina da sonetto del Fucini, di una Toscana preistorica.

Eppure il contadino col suo cesto mi ritorna in mente quando leggo dei commenti sui social e non solo, anche dal vivo, della “’ggente”, un dialogo fra sordi. So che molti storceranno il naso: “come, leggi i commenti sui social?”: certo, perché sono lo specchio o uno degli specchi per scoprire un paese fatto di incomunicabili, di unità impermeabili che parlano solo a se stessi e scaricano le responsabilità sugli altri. C’è addirittura un modello standard di comunicazione ormai: compare una notizia tratta da un giornale qualsiasi (lascio perdere quelli che dicono “questo giornale è carta straccia”, che lo leggi a fare, sia pure online?), solitamente ci si limita al titolo, poi Tizio lancia un contro commento, talvolta condito da una fake news, in cui accusa gli ipotetici avversari o meglio nemici di lasciarsi abbindolare o di essere degli idioti addirittura e solitamente rilancia, “e allora il o la…?”. A questo punto compare Caio che risponde solitamente con “sei un idiota” oppure “il tuo unico neurone è in vacanza ai Caraibi”, a questo punto Tizio replica “no, l’idiota sei tu” e via discorrendo, finché non arriva l’ora di cena, si butta la pasta e si abbandona il pc al suo destino.

Difficile stabilire un dialogo

Difficile stabilire un dialogo con le modalità stringate di un social (qualcuno riporta anche dotte e prolisse citazioni, ma non lo considera nessuno, anzi viene tacciato di pedanteria da chi ha fatto l’università della strada), quello che colpisce è invece lo scarico di responsabilità che corrisponde all’antico vizio italico del “nulla feci, nulla vidi, la colpa è di chi c’è stato prima o anche di chi ci sarà dopo”. E il modello di quando “il problema è un altro”, quando invece il problema era ed è quello, vizio italiano fin dai tempi della DC e del PCI ed ora diventato l’emblema, ma in modo più becero e disinformato, del dibattito italiota.

In un’Italia trasformata in tifoserie opposte

In un’Italia trasformata in tifoserie opposte con i propri striscioni, in odiatori di professione, in cui riemergono antiche pulsioni nere come la pece, la responsabilità è sempre degli altri. Anche quando il dibattito si trasferisce ai piani alti: l’immondizia che straborda nella capitale? Colpa di chi c’era prima o di chi mi è vicino. Il partito di cui sono stato segretario e presidente del consiglio è sceso dal 40 al 18 per cento? Colpa di D’Alema (lui si può citare con nome e cognome, tanto è sempre colpa sua!). Al Sud aspettano il reddito di cittadinanza invece di politiche del lavoro? Colpa dei cittadini che vogliono stare sul divano come disse una ex ministra-fatina che nulla fece e nulla intese nei governi precedenti. Emigrano dall’Africa e affogano in mare? Colpa delle Ong che fanno crociere di piacere, come disse un truce ministro mentre mangiava la Nutella e non della miseria e della guerra. I conti pubblici non tornano? Colpa dell’Europa, della Merkel, di Maga Magoo, dello sceicco del Kuwait. Insomma la responsabilità non è mai nostra, è sempre dell’altro e questo, scendendo per li rami, si riflette in ogni settore della vita italica. La colpa è sempre dell’altro, del nostro collega di lavoro, dell’ufficio accanto, della kasta, mai che uno si guardi allo specchio e dica “ma forse un po’ di colpa ce l’ho anche io, forse devo concludere la giornata, dicendo ho fatto qualcosa di utile e non ho dato la colpa al pd” (dico il pd perché torna bene per ogni evenienza, si può usare in ogni contesto, anche se sei del pd).

A proposito: il contadino è poi arrivato a Colle e ha venduto tutte le sue cipolle.

Tiziano Arrigoni

Tiziano Arrigoni

Massetano - follonichese - piombinese - solvayno, insomma della Toscana costiera, con qualche incursione fiorentina, Tiziano Arrigoni è un personaggio dalle varie attività: scrittore di storia e di storie, pendolare di trenitalia, ideatore di musei, uomo di montagna sudtirolese ed esperto di Corsica, amante di politica - politica e non dei surrogati, maremmano d'origine e solvayno d'adozione, ecc. ecc... ma soprattutto uno che, come dice lui, fa uno dei mestieri più belli del mondo, l'insegnante (al Liceo Scientifico "E.Mattei" di Solvay) e, parlando e insegnando cose nuove, trova ispirazione e anche "incazzature", ma più la prima, dai suoi ragazzi di ieri e di oggi.

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