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Gli anni fiorentini: intervista ai Diaframma

Gli anni fiorentini: intervista ai Diaframma

Esce oggi “The Self Years” dei Diaframma. Per l’occasione pubblico la chiacchierata che abbiamo fatto all’IBS di Firenze prima del loro live per presentare questo ultimo lavoro.

I Diaframma hanno iniziato la loro attività all’inizio degli anni 80, quando erano ancora al liceo, e da allora non si sono mai fermati (fatta eccezione per un periodo di pochi mesi tra la fine del 1988 e l’inizio del 1989) dando vita a una produzione discografica imponente – una ventina di album in studio – e macinando migliaia di concerti, finendo per divenire un elemento culturale imprescindibile del panorama musicale del nostro Paese. I Diaframma sono infatti una delle band seminali del rock italiano degli ultimi quarant’anni e vantano un’evoluzione straordinariamente coerente e sincera. Ancora in attività dopo numerosi cambi di formazione (ricordiamo Nicola Vannini, primissima voce, che poi fu sostituito da Miro Sassolini), sono stati protagonisti dei famigerati anni 80 fiorentini, anni cruciali per varie esperienze artistiche che hanno avuto luogo in città: chi li ha vissuti racconta che si respirava un’aria di fermento e multidisciplinarità che agitava la scena nazionale. Qui nascevano sinergie non solo tra musicisti ma anche con stilisti, scrittori, ecc. Insomma, la scena fiorentina aveva la capacità, lo spessore e la credibilità per parlare a tutto il paese e per essere considerata un esempio virtuoso. Soprattutto, i 4 gruppi più importanti della new wave si trovavano tutti qui: Litfiba, Diaframma, Neon e Pankow.

Nonostante numerosi avvicendamenti di diversi musicisti – una ventina – all’interno del gruppo, l’anima dei Diaframma è rimasta sempre la stessa, incarnata dall’unico componente della formazione originale rimasto: il cantante, chitarrista e autore Federico Fiumani. Il gruppo è una sua creatura, fin quasi a identificarsi con lui.

Come band li seguo da molti anni, ma li ho conosciuti personalmente soltanto nel 2012, ad Agliana (Pistoia), prima di un loro concerto, in occasione delle riprese di un’intervista. Con Angelo Teardo (ex voce Strange Fruit, poi Soundabout) stavamo girando un documentario sulla scena musicale fiorentina, poi quel lavoro non è stato completato, ma dalla sbobinatura di quella raccolta di interviste tre anni dopo è uscito il mio primo libro, “Firenze suona” (Zona, 2015). É grazie a questo lavoro che abbiamo stretto amicizia.

Federico, ci presenti la formazione attuale dei Diaframma?

Mi accompagnano ormai da tanti anni Lorenzo Moretto alla batteria, Edoardo Daidone alla chitarra e Luca Cantasano al basso. Con questa formazione abbiamo avuto un notevole incremento dell’attività dal vivo. Le cose ci stanno andando molto bene.

 

Quali erano le aspettative iniziali?

Abbiamo iniziato negli anni 80, sulla carta eravamo quelli che dovevano avere più successo di tutti… invece il successo lo hanno avuto gli altri e noi abbiamo continuato questa dignitosa attività di dopo lavoro! (ride).

 

Dai primi anni Duemila va avanti, complice la rete, un’operazione di rivalutazione del repertorio storico dei Diaframma anche da parte di altri artisti. In particolare tu, perno da sempre della formazione, ti sei rivelato un protagonista assoluto del rock nostrano degli ultimi decenni: con la tua musica hai influenzato una generazione di musicisti ed appassionati e ti sei confermato punto di riferimento della musica italiana, uno degli autori più citati dai nuovi gruppi: Le luci della centrale elettrica, Dente, Marlene Kuntz, Tre allegri ragazzi morti, Zen Circus ti hanno addirittura tributato un album: “Il dono”. Ma questa operazione viene portata avanti soprattutto da te stesso. L’anno scorso è uscito “Siberia reloaded”, che è stato accolto da parecchie polemiche. En passant, ricordiamo che l’album “Siberia” del 1984 è al settimo posto nella classifica dei 100 album italiani più belli di sempre stilata da “Rolling Stone”. Molti non hanno trovato questa re-incisione al livello dell’originale. Tu cosa ne pensi?

Beh, le polemiche che sono nate erano in parte giustificate: quel disco non valeva l’originale, ma noi come band avevamo le nostre ragioni per inciderlo.

 

È appena uscito “The Self Years”, una raccolta ragionata dei migliori pezzi dei Diaframma dal 98 ai giorni nostri: 16 brani che coprono gli ultimi vent’anni della vostra attività. Include alcuni dei tuoi pezzi più belli di sempre: penso anche a quelli usciti negli anni Duemila, in particolare dal 2004 al 2012, come Vaiano, Io ho te, Madre superiora… Perché avverti la necessità di tirare le somme a questo punto della tua carriera? E con quale criterio hai scelto i pezzi per il tuo Best?

Inizialmente avevamo il progetto di ristampare in vinile tutti i nostri dischi degli ultimi 20 anni. Era in corso il cosiddetto ritorno del vinile; io passavo dalla Galleria del Disco, nel sottopasso della stazione Santa Maria Novella, e vedevo tutti questi bellissimi box di Lou Reed, David Bowie, ecc. Ma siccome noi non vendiamo quanto loro, neanche a Firenze, abbiamo deciso di aggiustare un po’ il tiro e ci siamo detti: “no, non facciamo il box perché rischiamo grosso, è un’operazione fuori dalla nostra portata: non siamo Bowie né i Beatles”. Quindi abbiamo deciso di racchiudere le canzoni migliori in un unico Best che raccoglie gli ultimi vent’anni della nostra attività. Grosso modo ho scelto uno o due pezzi per ogni disco. Da un ipotetico mio naufragio salverei solo queste canzoni.

 

The Self Years è uscito sia in cd che in vinile. Fino a una dozzina d’anni fa trovare dischi in vinile non era affatto facile, almeno fuori da certi circuiti, poi la situazione si è rovesciata: spesso i negozi di dischi sono letteralmente invasi dai vinili, per non parlare dei concerti. Una dozzina d’anni fa il CD era simbolo di un impero artistico che era seriamente minacciato e che combatteva per resistere ai segni dei tempi. Il vinile è un affascinante paradosso temporale: un ritorno al passato in mezzo ai numerosi formati d’ascolto. Cosa pensi del ritorno del vinile? Quanto pensi che possa durare questa strana e nostalgica febbre?

Beh, il vinile ha un indubbio fascino rispetto al CD: le copertine sono bellissime, è piacevole da vedere, da toccare, da possedere. Sicuramente è meno anonimo del CD. Il ritorno del vinile è un fenomeno reale, ma le vendite non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle degli anni 70 e 80, quando si contavano cifre iperboliche! Adesso se ne vendono molto meno, anche perché costano molto. In questo senso le case discografiche non stanno incitando molto l’acquisto di vinili: ne vengono sì stampati ma se ne vendono pochi, non stiamo parlando di cifre importanti. Rispetto agli anni 80 la percentuale sarà uno a 20… A me basta che il vinile ci sia finché ci sarò io, del resto non mi importa niente: sono molto egoista ed egocentrico, non mi è mai importato niente degli altri.

 

Come hai conosciuto Lorenzo Moretto, il tuo batterista?

Ci siamo conosciuti negli anni 90; lui suonava nei De Glaen. Abbiamo fatto qualcosa di estemporaneo insieme, poi gli ho chiesto di venire a sostituire Daniele Trambusti che mi aveva lasciato per i Killer Queen.

 

Lorenzo, cosa significa per te suonare nei Diaframma?

Beh, senza dubbio ha significato un notevole cambiamento; quando ho iniziato a suonare con Federico per me era un periodo un po’ di stallo da punto di vista musicale. Con lui invece facciamo una cinquantina di concerti all’anno, avremo fatto insieme circa 600 concerti: insomma, per me è stato un rinnovamento.

 

Federico, raccontaci qualcosa del tuo sodalizio con Lorenzo

Per un periodo abbiamo suonato in duo. Ho tanti flashback di noi due: a Cosenza, a Salerno con gli Octopus, in treno con piatti e batteria per andare a concerti che iniziavano alle 2 di notte… Grazie a tutte queste esperienze ho fatto una scoperta: l’acustica dei club in Italia è davvero terribile! Il basso lo fanno le vibrazioni dei muri!

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Lorenzo, fai un bilancio della tua attività nei Diaframma

È stato ed è bello suonare con Federico, anche se devi essere sempre preparato agli imprevisti. A volte lui se ne esce dicendo: “Ragazzi, oggi si fa questo pezzo!” e tu magari non lo suoni da sei anni e non ti ricordi niente! In ogni caso è piacevole; lo faccio sempre volentieri e spero di continuare a incidere altri dischi.

 

Hai altri progetti tuoi, paralleli ai Diaframma?

Oshinoko Bunker Orchestra è l’altro mio gruppo, il mio progetto dopo i De Glaen, anche se al momento non siamo molto attivi…

 

Edoardo, tu che ci racconti della tua esperienza nei Diaframma?

Ho conosciuto Federico un bel po’ di tempo fa, all’inizio degli anni 2000. Conoscevo i Diaframma fin dai primi anni 90. Ricordo tantissimi concerti in altrettanti posti, belli o meno. Questo è un buon momento; sto molto bene e mi diverto tanto.

 

Cosa fai oltre a suonare nei Diaframma?

Insegno musica. Poi suono, faccio delle serate anche per conto mio. Per esempio, recentemente ho suonato per Sting a casa sua.

 

Ti piace l’indie rock italiano?

Sì, mi piacciono alcune cose del rock italiano attuale.

 

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Federico, come hai conosciuto Luca Cantasano, il tuo bassista?

Ci siamo conosciuti tramite Alberto Mariotti (alias King Of The Opera); cercavo un bassista, abbiamo fatto una prova e da allora non ci siamo più lasciati.

 

Luca, ti va di presentarti brevemente?

Vengo da Vaiano, sono del ‘76 e quindi sono cresciuto con Videomusic. Ricordo il video di Siberia… Un bel giorno mi è arrivato un messaggio dalla ragazza di Alberto. Mi scriveva: “Fiumani sta cercando un bassista, posso dargli il tuo numero?”. Risposi: “Sì, daglielo pure”, ma pensai: “figurati se mi chiama…”.  E invece… eccomi qua.

 

Com’è suonare con Federico?

È molto divertente e imprevedibile: non ci si annoia mai!

 

Federico, vuoi aggiungere qualcosa a proposito di Luca?

Luca ha quattro figli e io avverto una grandissima allegria quando vengono a trovarci, mi fanno recuperare un po’ quella gioia che si smarrisce nella vita adulta. I bambini devono ricordarci quello che siamo stati.

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Progetti futuri insieme ne avete?

Abbiamo fatto un disco con Alex Spalck, cantante dei Pankow, persona di cui ho un’ammirazione sconfinata. Io e Luca abbiamo composto le musiche, abbiamo creato delle basi musicali e abbiamo mandato i file in Australia, dove vive Alex. Lui ha inserito dei cantati stupendi, poi abbiamo mixato tutto in studio. Insomma, abbiamo dato vita a questa formazione estemporanea per realizzare un disco che si chiamerà “Il primato dell’immaginazione” e uscirà a febbraio; è un album di cui siamo super orgogliosi e contenti.

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Torniamo a “The Self Years”, Federico. Nell’album c’è anche un pezzo inedito, “Giorni”, realizzato con King of the opera, che ne ha curato l’arrangiamento e suonato chitarra e basso. Ci vuoi dire qualcosa di questo brano?

Avevo quattro canzoni incompiute, poi mi sono ricordato che i Beatles verso la fine della loro carriera avevano l’abitudine di accorpare pezzi che non c’entravano nulla fra loro; per esempio nel lato B dell’album “Abbey road” c’è un lungo medley dove si succedono tanti brani, tra cui The end, Golden Slumbers e altri. Io ho realizzato una mini suite. Non sapevo come mettere insieme questi quattro pezzi e ho chiesto aiuto a King of the Opera; “Giorni” è un po’ una copia di Pale blue eyes dei Velvet Underground.

 

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La copertina è oggettivamente molto bella: una veduta inedita di Piazza Puccini, una foto tanto perfetta da sembrare quasi un rendering. Chi è l’autore e qual è il significato?

L’autore della foto è Lapo Belmestieri, che da Firenze si è trasferito a New York. La foto che ha realizzato è una veduta simbolica, visto che io dal 73 all’89 ho vissuto in piazza Puccini ed è partito tutto da lì. È una visione bella e artistica della piazza.

 

A proposito di Piazza Puccini, nel bene e nel male sei molto legato alla tua città, è qui che si è svolta la tua carriera e che hai stabilito rapporti e collaborazioni, poi Firenze torna spesso anche nelle tue canzoni, eppure di solito la nostra città gode di un amore un po’ controverso da parte degli artisti. Ci vuoi parlare della presenza di Firenze nella tua arte?

Firenze è un po’ lo scenario in cui si muovono le mie canzoni, le mie storie. Questa città influenza molto la mia musica, vivendoci. Io poi sono un tipo molto stanziale, non ho l’abitudine di viaggiare e di andare all’estero. I miei amici rockstar vanno a Parigi, a Londra… Io invece vado all’Isolotto! E ci sto anche molto bene! Poi nell’album c’è una canzone che è un omaggio a un paese che si chiama Vaiano, dove ho ricordi della mia infanzia. Mi ci portava mia zia quando ero piccolino; per me era un “altrove”. Per trovare l’esotico non è che uno deve andare tanto lontano da casa, quando sei piccolo i prati di Vaiano ti possono sembrare une selva… Puoi immaginare di tutto.

 

Il titolo dell’album a cosa allude?

Come l’album “The Chrysalis Years” che include tutti i cinque album che i Ramones hanno fatto con la Chrysalis Records, “The self years” si chiama così perché in questi ultimi anni abbiamo collaborato con la Self distribuzione di Milano, con cui abbiamo un ottimo rapporto.

 

Programmi futuri dei Diaframma?

Ora siamo in giro per il Paese con quello che ho chiamato “Puttan tour”, perché lo facciamo per soldi. A fine gennaio finirà, poi entreremo un po’ in ibernazione, a mio avviso è necessario per non inflazionarci troppo, visto che stiamo suonando tanto in tutta Italia, e sempre gli stessi pezzi… infatti li facciamo benissimo! Poi ci fermiamo, vorrei scrivere una cinquantina di brani nell’anno sabbatico che ci prenderemo; da questi ne sceglieremo una quindicina, sperando che ci richiamino a suonare dal vivo, e augurandoci di andare avanti così e di fare sempre nuovi progetti.

 

Un bilancio di questi ultimi 20 anni a livello musicale?

I bilanci, come sai, sono sempre malinconici. Comunque le cose stanno andando bene, e finché dura…

Firenze, 27 Ottobre 2017

TRACKLIST “THE SELF YEARS”

01 – DAMMI TEMPO
02 – LE NAVI DEL PORTO
03 – IL TELEFONO
04 – I FIGLI SOPRAVVIVONO
05 – LA RIVOLTA
06 – I GIORNI DELL’IRA
07 – FRANCESCA 1986
08 – AI PIEDI DI SILVIA
09 – VAIANO
10 – IO HO TE
11 – L’ORGIA
12 – IO STO CON TE (MA AMO UN’ALTRA)
13 – MADRE SUPERIORA
14 – I SOGNI IN DISPARTE
15 – BUCHI NELL’ACQUA
16 – GIORNI (brano inedito)

 

 

 

Elisa Giobbi

Elisa Giobbi

Fiorentina, coltiva musica e scrittura fin dall'adolescenza. Ex editrice, è autrice di "Firenze suona", "Rock'n'roll noir", "La rete", "Eterni", "Love (& Music) Stories, "La sposa occidentale", "La morte mi fa ridere, la vita no". Presidente dell'ass. cult. "Firenze suona", organizza e dirige rassegne e contest musicali.

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